Inseparabili by Michael Robotham

Inseparabili by Michael Robotham

autore:Michael Robotham [Robotham, Michael]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fazi
pubblicato: 2024-07-10T09:39:59+00:00


36

Evie

Non sopporto come mi guarda Cyrus quando è deluso. Ha questi occhi marroni lacrimosi come quei cuccioli di foca che vengono ammazzati a bastonate in Canada perché alle signore ricche piace indossare animali morti. Vorrei tanto che qualcuno mi bastonasse.

Senza dire una parola, si siede vicino a me. Poppy gli annusa le tasche, sperando che abbia portato da mangiare. Cyrus le stringe la testa tra le mani e la massaggia dietro le orecchie. Vorrei che lo facesse a me. Non massaggiarmi le orecchie, ma guardarmi così, con nient’altro che amore, senza fare domande.

«Ho commesso uno sbaglio», dico.

«Va bene. Ti ascolto».

«Volevo aiutare Mitch, ma ho giudicato male la situazione».

«Come?».

«Be’, pensavo che se fossi riuscita a trovare chi l’aveva accusato… E se avesse cambiato versione dei fatti… Se si fosse resa conto…».

In quel momento, alzo gli occhi e vedo Mitch che viene portato nella sala di identificazione. Ammanettato. A capo chino. Ha un livido sulla guancia. Il poliziotto lo spinge bruscamente verso una panca e gli dice di sedersi.

Senza pensarci, balzo in piedi gridando: «Lasciatelo andare! Non ha fatto niente di male».

Cyrus mi stringe tra le braccia e mi tira indietro.

«No! Per favore. È colpa mia», strillo.

Mitch alza lo sguardo e poi lo distoglie. Il poliziotto parla con il funzionario: «Mitchell Coates. Resistenza all’arresto. Violazione della condizionale. Torna dentro».

Cyrus mi ha sollevato da terra, i piedi ruotano a mezz’aria. Mi parla all’orecchio. Mi dice che sto soltanto peggiorando la situazione.

«Non è stato Mitch. Sono stata io. Per favore. Aiutalo».

«Non così, Evie. Adesso calmati».

Le gambe smettono di agitarsi, i muscoli si rilassano e gli occhi si scheggiano di lacrime.

«Aspetta qui», dice, mentre mi fa sedere su una sedia.

Attraversa la sala fino al punto in cui stanno identificando Mitch. Sento parte della conversazione e leggo il resto sulle labbra, o forse sono io a mettere le parole nelle loro bocche.

«Non so di cosa parlano», dice Mitch. «Non mi sono mai avvicinato a Lilah. Non so nemmeno dove abita adesso».

Cyrus si volta verso di me. Non riesco a guardarlo negli occhi.

Mitch viene fotografato e gli prendono le impronte digitali. Un agente grida che il trasporto carcerario sta arrivando. Cyrus ritorna. Si aspetta che accampi scuse o lo respinga, ma non ho difese.

«Non è stato Mitch a mandarmi lì. Ho trovato io l’indirizzo. Volevo capire se mentiva».

«Non ha importanza, Evie. Non è consentito. Non si può identificare o avvicinare la vittima di una violenza sessuale».

«Ma lei pensa soltanto che Mitch l’abbia violentata. Non è sicura».

«È sotto protezione. Non cambia niente».

Mitch viene portato via. Sulle scarpe ci sono ancora le macchie d’erba del nostro giardino. I jeans sono chiazzati di vernice del cancello laterale.

«Che succederà?», chiedo.

«Sconterà il resto della sentenza».

«Può fare appello?».

«Non c’è processo d’appello. Può solo fare ricorso alla commissione per la scarcerazione».

«Quando?».

«Non lo so».

«E se facessi una dichiarazione?».

«Non conterebbe niente».

«Perché nessuno mi crede».

Cyrus vorrebbe negarlo, ma sa che è vero. Nessuno si fida di quello che dico perché “non riesco a rigare dritto”, parole sue, non mie. E se non volessi rigare dritto? Mica sono una freccia, una strada o un righello.



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